04. marzo 2025

Fare politica per l’immagine anziché per il popolo?

«Quel che sta accadendo a Berna sembra un film», ha scritto Kathrin Schregenberger sullo «Schaffhauser Nachrichten», riferendosi al caos generato dalla consigliera federale Viola Amherd.

Ciò che è rimasto impresso di Viola Amherd è il comportamento inscenato a favore di obiettivo. Prima di Natale, ha abbracciato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per festeggiare quel che a suo avviso erano le «trattative materialmente concluse tra la Svizzera e l’UE». Posare in foto altamente simboliche le è sembrato più importante del fatto che né il Parlamento né il popolo avevano espresso il loro voto in materia. Anche al vertice sull’Ucraina svoltosi al Bürgenstock si è sfilata dai ranghi per fare bella figura nella foto di gruppo con i potenti della Terra.

Poi, a mano a mano che le faccende assumevano dimensioni sempre maggiori, Viola Amherd ha perso la sua grinta. Da un giorno all’altro ha sommessamente gettato la spugna e ha annunciato le sue dimissioni. Non una parola sulla presunta frode milionaria al gruppo aziendale che si occupa di armi RUAG, appartenente alla Confederazione, e sulle dimissioni del capo dell’esercito Thomas Süssli e del direttore del Servizio delle attività informative Christian Dussey.

Quando manca la determinazione

Viola Amherd non è un caso isolato, ma rispecchia lo spirito dei tempi, come dimostrano anche numerosi funzionari di associazioni e top manager di grandi gruppi: preferiscono riscuotere un successo effimero sui social media anziché realizzare strategie di lungo periodo e riforme efficaci. A questo genere di «leader» piace garantirsi rapidamente qualche vantaggio e compiere un paio di riorganizzazioni cosmetiche per mietere allori. Poi, non appena si sollevano i nuvoloni, levano le tende e se ne vanno altrove. Ma per un cambiamento sostenibile serve determinazione.

I veri imprenditori e le vere imprenditrici sanno che chi vuole avere successo deve soppesare opportunità e rischi, pensare con lungimiranza, agire in modo sostenibile e tener fede alle decisioni prese. Affinché l’economia possa crescere, occorrono anche condizioni quadro libere e sensate. Ed è proprio per questo che autonomiesuisse non è disposta a cedere le qualità che la Svizzera ha coltivato nei secoli, come indipendenza, democrazia diretta e federalismo, per inserire la spina nella presa burocratica dell’UE.

Pensare a lungo termine, anziché seguire la logica dei like

Dice lo «Schaffhauser Nachrichten»: «Dal punto di vista della popolazione, è disgustoso che nell’élite Svizzera – che si tratti del crollo del CS o di dimissioni nel DDPS – i responsabili facciano danni e se ne vadano lasciandosi le macerie alle spalle. L’ambizione a svolgere un lavoro nel miglior modo possibile e a lasciare le cose in ordine sembra non esistere più.»

autonomiesuisse invoca il ritorno alla tipica cultura svizzera dell’«operosità silenziosa» e della responsabilità a lungo termine. Non è accettabile inseguire la logica dei like anziché lavorare a soluzioni attuabili in futuro e discuterne in modo trasparente. Per l’Accordo quadro 2.0 con la UE manca un presupposto importante: il Consiglio federale continua a tenere sotto chiave i dettagli delle trattative.