14. febbraio 2024

Giorgio Behr: «Oggi nessuno di noi voterebbe a favore del SEE»

«Nel 1992, molti imprenditori, tra cui il sottoscritto, erano favorevoli all’adesione al SEE da parte della Svizzera», afferma Giorgio Behr, imprenditore e co-presidente di autonomiesuisse, in un’intervista rilasciata allo «Schaffhauser Nachrichten». Oggi non lo sarebbe più nessuno. Negli ultimi 30 anni, infatti, l’UE è cambiata radicalmente. Se la Svizzera facesse parte del SEE, dovrebbe sborsare somme esorbitanti e non avrebbe praticamente più spazio di manovra. Ma è proprio di questo che un Paese ha bisogno, per crearsi delle buone condizioni quadro. 

La Svizzera, invece, non necessita del pacchetto di trattati che il Consiglio federale ha intenzione di concludere con l’UE – Behr ne è convinto. L’accordo di libero scambio garantisce l’accesso al mercato interno dell’UE fin dal 1972.  Inoltre, la crescita non si sta verificando nell’UE. «Gli USA hanno da tempo sostituito la Germania come il più importante partner commerciale della Svizzera. Dovremmo orientarci maggiormente verso i mercati al di fuori dell’Europa. Tra questi figurano anche l’India e l’America Latina», spiega Behr. Ritiene che l’alto livello di prosperità della Svizzera non dipenda dagli accordi con l’UE, ma dal fatto che la Svizzera è più innovativa degli stati dell’UE. Non da ultimo, Paesi come gli USA, la Cina e l’India sono in prima linea. Hanno un grande successo nel mercato interno dell’UE – senza il «libero» accesso.

In seguito al legame istituzionale con l’UE, in Svizzera aumenterebbero notevolmente gli adempimenti legislativi. «Solo il diritto societario tedesco è circa dieci volte più dettagliato e complicato di quello svizzero», sostiene Behr. Questo comporterebbe solo burocrazia e costi elevati.

Allora perché Economiesuisse spinge per la conclusione dell’accordo? Behr distingue tra la visione imprenditoriale di autonomiesuisse e quella dei dirigenti dei gruppi aziendali, che spesso, in Svizzera, non hanno diritto di voto e cambiano regolarmente azienda. «Noi imprenditori pensiamo in termini di generazioni e quindi con un approccio duraturo», ribadisce Behr. Che Economiesuisse agisce con poca credibilità, è evidente per lui anche in un altro caso: inizialmente, l’associazione esercitava un’enorme pressione sulla riforma fiscale dell’OCSE. Adesso è tra i primi a frenare.

Behr esorta il Consiglio federale a dimostrare finalmente un po’ di polso. È inaccettabile che la Svizzera, ad esempio, adempia doverosamente a tutti i suoi obblighi nel trasporto terrestre, mentre la Germania e l’Italia rimangono indietro. Ritiene, inoltre, che il miliardo di coesione sia denaro speso «senza un controvalore. Questo è stato un passo ingenuo.»