Per anni economiesuisse, associazione mantello dell’economia, ha ripetuto il vecchio ritornello secondo cui l’immigrazione sarebbe un presupposto imprescindibile per il benessere. A quanto pare, ciò non vale più senza limitazioni. Così, all’improvviso, su «SRF» si sentono nuove voci dal presidente Christoph Mäder: «Oggi dobbiamo constatare che l’immigrazione è stata mediamente troppo alta negli ultimi anni.» Continua a credere nel mantra secondo cui la Svizzera deve il suo maggiore benessere soprattutto alla libera circolazione delle persone, anche se il progresso della produttività è diminuito. Eppure, facendo autocritica, Mäder segnala un’inversione di tendenza: «Non possiamo più pronunciarci a favore di un’immigrazione illimitata, ma dobbiamo riconoscere che sono necessarie delle misure.» Di tanto in tanto, Mäder è addirittura combattivo: «Se l’UE vuole davvero un nuovo accordo con la Svizzera, deve riconoscere che la percentuale attuale di stranieri rispetto alla popolazione stabilmente residente rappresenta un’enorme sfida», spiega, auspicando una sorta di clausola di salvaguardia. Lo pensa davvero? Se sì, allora autonomiesuisse raccomanda quanto segue: invece di affidarsi al principio della speranza, sarebbe più sensato riconsiderare criticamente l’impegno preso finora – di riflesso – per l’accordo quadro 2.0 con l’UE.