17. agosto 2023

Più cosmopolitismo invece del provincialismo dell’UE!

Dal 1992, la Svizzera ha una sua semplice definizione di «cosmopolita». Sono considerati cosmopoliti solo gli affabulatori dell’UE, che vogliono adottare ogni regolamento dell’«Europa», ovvero dell’UE, solerti nel servizio. Olivier Zimmer, ex professore di storia alla University of Oxford e oggi ricercatore presso il Center for Research in Economics, Management and the Arts (Crema), critica questa ristrettezza mentale sulle pagine del «Neue Zürcher Zeitung». Trova particolarmente preoccupante il fatto che il «provincialismo cosmopolita» non rappresenti solo un concetto virtuoso, ma sia addirittura una prassi nel mercato del lavoro svizzero.

«È quindi un segreto manifesto che numerose aziende svizzere – con il sostegno attivo delle nostre autorità – stanno di fatto mettendo in atto una discriminazione positiva a favore dei cittadini dell’UE. Si suppone che i candidati di talento che non hanno un passaporto dell’UE vengano immediatamente scartati da molti reparti delle risorse umane (…)», scrive Zimmer e si chiede: «Perché è così facile per il nostro establishment politico ed economico diffondere un tale sistema, da cui trae vantaggio economico soprattutto la Svizzera?» Tanto più che i dati economici del Fondo Monetario Internazionale (IMF) non depongono a favore dell’UE: quindici anni fa, il PIL dell’Eurozona era solo marginalmente inferiore a quello degli USA; oggi il PIL degli USA è di 25 bilioni, mentre quello dell’UE è di 15 bilioni.

Un Paese cosmopolita al centro dell’Europa non avrebbe quindi grandi opportunità? «La Svizzera avrebbe la possibilità di controllare autonomamente la propria politica del mercato del lavoro oltre a quella migratoria», è convinto Zimmer. Potrebbe così assumere le persone migliori a prescindere dal passaporto, invece di ballare al ritmo del regime dell’UE. Canada e Australia stanno già attuando politiche di immigrazione simili. In Svizzera, la Confederazione potrebbe definire le regole di base del gioco. Il ruolo decisivo, tuttavia, dovrebbe essere svolto dai datori di lavoro congiuntamente ai Cantoni. Anche uno sguardo alla storia della Svizzera è fonte di ispirazione: intorno al 1870, la Svizzera liberale e democratica produceva tre quarti di tutti gli orologi esportati nel mondo. Zimmer conclude affermando che, se la Svizzera avesse già agito secondo il motto «Non bisogna tirarsi indietro!» avrebbe perso i suoi mezzi di sostentamento.