02. aprile 2024

economiesuisse si perde nelle proprie contraddizioni

Cose che hanno dell’incredibile: Andreas Bohrer, capo del servizio giuridico del gruppo Lonza, professore titolare presso l’Università di Zurigo e membro del Comitato di economiesuisse, lamenta l’«eccesso di regolamentazione» dell’Unione europea in merito alle norme di sostenibilità per le imprese. Nel suo articolo si dichiara contrario a «sviluppare ulteriormente le norme secondo la prassi dell’UE» e ricorda che l’economia svizzera opera «su scala globale», ossia non è limitata all’eurozona. Mentre Bohrer preferirebbe evitare «un procedimento legislativo affrettato», i vertici dell’associazione si battono quotidianamente per un accordo quadro con l’UE che imporrebbe alla Svizzera le norme oggetto di controversia e la loro applicazione pedissequa. «L’associazione di categoria economiesuisse sta compiendo un gioco di equilibrismi insostenibile», commenta su «Weltwoche» il redattore economico Beat Gygi. La certezza del diritto che Bohrer auspica «può essere garantita dalla Svizzera – stando alla conclusione logica delle parole di Bohrer – solo tenendosi alla larga dalla produzione legislativa dell’UE e dai suoi giudici», conclude Gygi. Contrariamente all’ipotesi di Gygi, il flusso di regolamentazione è ulteriormente aumentato. Per esempio, gli Stati membri dell’UE hanno recentemente approvato la Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (CSDDD) malgrado l’opposizione della Germania. Chiunque segua la produzione legislativa nella torre d’avorio ha avuto una sorta di déjà-vu: già in passato la Germania ha dovuto rinunciare docilmente alla propria opposizione nei confronti della nuova drastica legge UE sulla catena di approvvigionamento. autonomiesuisse fa notare che si tratta di «questioni di mercato interno» cui la Svizzera dovrebbe conformarsi su esortazione della Commissione europea. E se invece non volesse farlo? Chiamarsi fuori sarebbe quasi impossibile, perché in caso di controversia l’ultima parola spetterebbe alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).