L’ex presidente della Corte di giustizia dell’AELS corregge il presidente del Consiglio nazionale
Le cittadine svizzere e i cittadini svizzeri devono avere la facoltà di decidere come impostare la propria politica europea? Alcuni ambienti politici sembrano volerlo piuttosto impedire.
Per questo preferiscono mistificare la realtà utilizzando eufemismi. Quando la Svizzera deve implementare automaticamente il diritto europeo, si parla eufemisticamente di recepimento «dinamico» del diritto. E anziché di un accordo quadro istituzionale con l’UE, si parla di «Bilaterali III» – come se si trattasse di accordi paritari.
Scambio di colpi verbali
Analogamente, l’ambasciatore dell’UE in Svizzera Petros Mavromichalis e l’attuale presidente del Consiglio nazionale Eric Nussbaumer affermano che con gli accordi la Svizzera non deve accettare «giudici stranieri», riferendosi all’idea che il «tribunale arbitrale paritetico» debba esprimersi in caso di divergenze tra la Commissione europea e la Svizzera. A questo scambio di colpi verbali con l’ultraeuropeista Nussbaumer ha preso ora parte anche il Prof. Dr. Carl Baudenbacher, ex presidente della Corte di giustizia dell’AELS di Lussemburgo, con un post su LinkedIn.
Standard post-sovietico per la Svizzera
Nel suo intervento il professore spiega a Eric Nussbaumer che la sua tesi è insostenibile, in quanto il tribunale arbitrale avrebbe soltanto un ruolo «formale». Esso, infatti, è obbligato a rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), che dal canto suo emetterebbe una sentenza vincolante. «Il modello del tribunale arbitrale proforma deriva degli accordi dell’UE con i mercati emergenti post-sovietici», scrive Baudenbacher. «Chiunque abbia dimestichezza in materia di UE e SEE si rende conto che l’intento è quello di nascondere l’enorme trasferimento di sovranità all’Unione. Ma in nessun caso si vogliono concedere competenze reali al tribunale arbitrale proforma.»
È altamente probabile che lo stesso Nussbaumer sia caduto in una manovra ingannevole, come aggiunge Baudenbacher. Secondo quest’ultimo, infatti, l’amministrazione federale sta purtroppo fraintendendo «il suo mandato di fornire informazioni obiettive».